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Café Touba



Il caffè Touba è una bevanda tipica del Senegal che si caratterizza per un sapore forte e deciso, donato dalle note di chiodi di garofano e pepe di Guinea. La sua ricetta risale alla fine dell’Ottocento ed è legata a una figura importante, quella di Cheick Amadou Bamba, leader spirituale della confraternita Sufi dei Muridi, figura che parla di fede ma anche di colonialismo e di lotta al colonizzatore bianco.


Già in questo incipit si comprende tutta la complessità di questo caffè che abbiamo scelto per dare un nome alla rubrica che vi stiamo presentando.


Diremmo anche che le storie narrate dal caffè Touba, però, non finiscono qui.


Touba, infatti, è il nome della città santa senegalese particolarmente cara ai Muridi e la parola, in arabo, significa felicità e beatitudine. Touba, ancora, è il nome dell’Albero del Paradiso, probabilmente un baobab, che possiamo incontrare in prossimità della sua porta d’ingresso.


Probabilmente una tazza di caffè Touba parla di tutte queste cose, di storia, di fede, di identità e di cultura. E non è possibile dimenticare che si tratta di una bevanda che parla anche l’idioma della relazione e della cura.

Non manca mai nelle ritualità religiose dei Muridi, viene consumata in numerose situazioni conviviali ed è apprezzata perfino per le capacità medicamentose. Il pepe di Guinea, in effetti, avrebbe proprietà antiallergiche e curative rispetto all'asma e ad altri problemi respiratori. In generale poi, il pepe stimola la digestione e contiene la piperina, sostanza che favorisce la produzione di endorfine, i ben noti “ormoni della felicità”.


Il caffè Touba, insomma, rimanda ad una serie di tematiche rilevanti quando si provi a pensare alle dimensioni salienti della cura in contesti multiculturali ed in setting eteroculturale.

Si tratta di questioni che alcuni di noi hanno affrontato occupandosi di supporto a persone migranti, apprendendo sul campo il valore del decentramento attraverso il riposizionamento rispetto alle proprie matrici culturali e a quelle degli altri, spesso attivato dal confronto multiprofessionale. Un lavoro faticoso, questo, che ci ha fatto realizzare quanto sia fondamentale accogliere variazioni di setting e contenere nuove possibilità di lettura dei fenomeni osservati quando si conducono interventi clinici con chi viene da altrove.

La migrazione, del resto, come sostenuto da diversi autori, richiama l’attenzione di clinici e altri professionisti su nodi e questioni che risultano paradigmatici, ricchi di spunti di riflessione anche per chi non si occupa direttamente di persone che vengono da contesti differenti da quelli per noi abituali.


Avviandosi alla conclusione, questa rubrica nasce meticcia nell'idea, sperando di accogliere contenuti e contributi di psicologia, sociologia e antropologia; storie narrate da editor provenienti dalle aree più disparate del mondo; racconti che provengono da altrove e che ci aiutino a comprendere come il nostro meraviglioso espresso sia solo uno dei tanti caffè possibili.


Ovviamente lo è anche il caffè Touba e, se è vero che molti dei nostri utenti vengono dall'Africa Centro-Occidentale, non ci occuperemo solo di questioni salienti nell'incontro con persone che hanno un legame con questa parte del mondo.

Diciamo che, dei tanti caffè che avrebbero potuto dare il nome alla rubrica, abbiamo voluto evitare quelli occidentali (il caffè americano) e quelli che parlano di un mondo poco meticcio dove le gradazioni della pelle erano indicative di una provenienza estera (il marocchino, per esempio).


Il nostro interesse, infatti, è il mondo e la ricchezza dell’incontro con l’altro, non importa da dove provenga o dove si stia dirigendo.

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