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Allegorie per un’identità professionale

Suggestioni dal confronto con la "comunità" della Scuola di Psicologia della Salute di "Sapienza".



Cosa c'entrano antieroi e giullari con il posizionamento dello psicologo? Lezioni apprese con il pre-testo della pandemia.

 

Il 13 Giugno scorso, la Scuola di Specializzazione in Psicologia della Salute dell’Università “Sapienza” ha organizzato un webinar rivolto ad attuali allievi e specialisti. Dopo l’apertura dei lavori a cura della direttrice, R. Ferri, il webinar “Emergenza da Covid-19: Psicologia della salute tra solidarietà e disubbidienza” ha ospitato diversi interventi di professori, allievi e specialisti.

L'apertura dei lavori è stata affidata al professore M. Bertini che ha ripreso alcuni dei temi affrontati in una sua recente lettera ai colleghi psicologi. Al centro della sua riflessione, un rimando importante al concetto di promozione della salute. Questo tema, fondamento dell’insegnamento della scuola, è particolarmente caro a Bertini (2012), il quale gli ha dedicato numerosi scritti e una riflessione che si è articolata attraverso diversi decenni di studio e ricerca focalizzati su diversi contesti di intervento. Di questo contributo, nello specifico, abbiamo particolarmente apprezzato il rimando, da una parte, al concetto di mutualità e, dall'altra, il richiamo all’umorismo.

A nostro modo di vedere, il concetto di mutualità può essere collegato a quello di comunità, ripreso in un successivo intervento del professore P. Braibanti. In effetti, il concetto di mutualità (Erikson, 1964) rimanda ad una relazione in cui due componenti di un sistema dipendono l’una dall'altra per lo sviluppo delle rispettive potenzialità. Nel caso delle comunità, collettivi identificabili per il fatto di essere circondate da determinate mura (cum moenia) e che si sono costituiti a partire da obblighi reciproci (cum munus), la relazione è evidentemente improntata alla mutualità, non essendo possibile perseguire il bene comune in maniera individualistica. In tal senso, se la mutualità è in genere valorizzata soprattutto per le dimensioni della piacevolezza dello stare insieme, collegarla alla presenza di vincoli, la cui esistenza è alla stessa base della comunità, permette soprattutto di focalizzare l'interdipendenza del legame tra i vari membri: questo tipo di relazione può avere un risvolto spaventoso perché ci ricorda che la nostra sopravvivenza è necessariamente collegata all'esistenza dell’altro. Del resto, non è solo questione di sopravvivenza: nel caso di una relazione di mutualità, il legame è ciò che consente soprattutto lo sviluppo delle rispettive potenzialità. Sviluppo delle potenzialità che, seguendo i ragionamenti proposti nel corso dell’incontro, avviene anche grazie alla relazione con l’estraneo, con un “altro”, però, dal quale non ci difendiamo con una estrema reazione di immunizzazione che è la negazione stessa della possibilità di vivere. P. Braibanti, in effetti, ci ricorda la concettualizzazione di Esposito (2002) su comunità e immunità, focalizzando dinamiche rese attuali dalla pandemia e dai tentativi di proteggersi dal contagio.

Nel corso del suo intervento, oltre ad evocare la relazione immunitas/communitas, P. Braibanti continua la riflessione proposta nell'articolo che ha inaugurato Un caffè con Igea dove si parla di disobbedienza solidale, una modalità che, a parere di M. Bertini, richiama l'insegnamento di Don Milani nella scuola di Barbiana: le leggi ingiuste vanno combattute e, se ciò non basta, è necessario disobbedire, dato che non sempre obbedire è una virtù. Non lo è quando si obbedisce a un uomo invece che a una norma legittima, quando si obbedisce ciecamente o in maniera indifferente. In tutti questi casi, dal punto di vista di Don Milani, non è possibile parlare di virtù, ma di servitù, una condizione in cui non c’è nessuno spazio per l’esercizio di libertà e di autonomia.

Una simile impostazione della riflessione sulla disobbedienza ha il merito di richiamare immediatamente un altro tema cruciale, quello del posizionamento.

Sul perché la riflessione sulla disobbedienza possa riguardare l’esercizio della funzione psicologica ed il posizionamento degli psicologi, temi cari a Braibanti, a nostro parere è possibile rispondere focalizzando il tema della domanda. L’esperienza del Covid ha reso evidente come ci sia stata un’aderenza acritica dei professionisti psicologi nel rispondere alle domande avanzate da soggetti istituzionali ed altri attori implicati nella gestione dell’emergenza.

Non a caso, P. Braibanti ha posto l’accento sull'importanza di analizzare le domande che agli psicologi vengono rivolte. In primo luogo perché la sensazione è che una certa psicologia si sia mossa “in assenza di domanda”; in secondo luogo, perché le domande di intervento hanno spesso elicitato delle risposte quasi rituali e standard. Nel primo caso, emerge il dubbio che gli psicologi abbiano proposto interventi corrispondenti a bisogni ed interessi propri, spesso in contesti nei quali non si esercitava una propria responsabilità associata ad un ruolo già prima della pandemia.

Nel secondo caso, interventi che si erano rivelati funzionali in situazioni passate e note, sono stati riproposti senza una adeguata problematizzazione della possibilità di adattarli a questioni inedite.

Per certi versi, queste modalità di intervento, diverse negli esiti e nelle modalità, presentano anche degli aspetti comuni. In entrambi i casi, le proposte professionali avanzate si sono declinate all'insegna di una obbedienza acritica. In primo luogo, l’obbedienza alla necessità di fare qualcosa in un momento emergenziale in cui tollerare di stare fermi può essere molto difficile; in secondo luogo, l'obbedienza rispetto a domande di committenti la cui capacità di cogliere bisogni di terzi non è mai da dare per scontata anche se, in questo caso, spesso, lo è stata; in terzo luogo, l’obbedienza alla spinta a fare ciò che si sa, a prescindere dalla sua utilità in uno specifico contesto e per determinati utenti.

E quindi, come immaginare una psicologia disubbidiente?

La psicologia disobbediente di cui parla Braibanti ha a che fare con movimenti che permettono di riaprire gradi di libertà e di creare spazi per i legami e la solidarietà sociale. Ed è rispetto a questa proposta di riflessione che si possono richiamare delle figure allegoriche interessanti perché disubbidienti, forse capaci di esemplificare alcune modalità di disubbidienza possibile per la nostra professione.

Una prima figura è quella del giullare, evocata nel corso del webinar dal professore A. Pennella. Nel Medioevo, la figura del giullare assumeva dei contorni un po’ controversi: i giullari, voluti per il divertimento di re e principi nelle corti, nelle piazze diventavano dei cantastorie, perfetta incarnazione di una satira capace di dire cose scomode sul potere servendosi della risata. Nell'arte medievale i giullari venivano spesso rappresentati a testa in giù, ci ricorda A. Pennella. Questa rappresentazione serviva a comunicare visivamente la natura quasi diabolica che era loro riconosciuta dalla Chiesa. Oggi, però, il capovolgimento di questa figura ci ricorda quanto sia importante cambiare prospettiva, anche servendosi dell’ironia. In tal senso il giullare è capace di restituirci uno sguardo nuovo, diventando espressione di un invito a riposizionarsi rispetto ai contesti e alle relazioni. Si tratta di un invito che può essere avanzato anche allo psicologo: guardare la realtà a testa in giù permette agli attori della relazione di osservarsi da prospettive diverse e quindi di guardare la realtà da nuovi punti di vista.

Accanto alla figura del giullare, una seconda immagine allegorica che può essere riferita allo psicologo è quella evocata dal collega e editor di questo blog D. Perrelli nel suo articolo “I Servizi Socio-Educativi. Gli antieroi dimenticati della crisi pandemica”. La figura è quella dell’antieroe ricordata nel titolo, vista in antitesi rispetto all'eroe sanitario. In effetti, la simbolizzazione maggiormente diffusa durante questa emergenza descrive la pandemia come una “guerra” e gli operatori sanitari come “eroi”. Il collega richiama il profilo dell’antieroe per sottolineare soprattutto il mancato riconoscimento del ruolo della psicologia, anche se riteniamo che, come nel caso del giullare, l’antieroe possa ugualmente condensare nuove prospettive per la professione ed aprire varchi su una possibile nuova identità. Come il giullare, l’antieroe assume una posizione non scontata e, per questo, lascia spazio alla costruzione di nuove narrazioni rispetto alle vicende che la vita ci pone dinanzi. In tal senso, anche la sua dimensione è quella della disobbedienza rispetto al senso comune e, più in generale, alle storie già scritte. Ci sembra che la figura dell’antieroe possa evocare anche la dimensione impotenza/onnipotenza, essendo l’eroe per definizione un vincente la cui vittoria risiede nel potere di cui dispone. In questo senso l’antieroe è portatore di un destino non scontato: può essere un vincente, ma in questo caso è necessario chiedersi in quali aspetti risieda il suo potere. Nell'eroe il potere è qualcosa di esplicito ed autoevidente, assumendo i connotati dell’onnipotenza. L’antieroe, a nostro modo di vedere, assume una funzione “altra” che ha poco a che vedere con quella dell’eroe. Parliamo di un posizionamento diverso, il quale non comporta una rinuncia al potere, ma una rinuncia all'onnipotenza. Il potere per l’antieroe non è prerogativa intrinseca del soggetto, bensì forza potenziale insita nel contesto.


Per avviarci alla conclusione, vogliamo dire che questi sono i messaggi che abbiamo voluto rintracciare nella riflessione che abbiamo co-costruito intorno a un caffè dopo il webinar. Messaggi importanti, che spesso ci guidano quando esercitiamo una funzione psicologica nei nostri contesti di intervento, nei contesti rispetto ai quali siamo responsabili. Li abbiamo ritrovati come fondamento di una comunità professionale che, seppure diffusa nel tempo e negli spazi, ha voluto sperimentare un momento collettivo di costruzione di pensiero raccontandoci ancora una volta il valore del "cum", di una modalità sufficientemente buona di costruire pensieri e produrre apprendimenti.


A cura di Carlota Zorrilla Ruiz, Michele Gifuni e Gandolfa Cascio


Bibliografia


Bertini, M. (2012). Psicologia della salute. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Erikson, H.E. (1964), Insight and Responsability. New York: Norton.

Esposito, R. (2002). Immunitas. Protezione e negazione della vita. Torino: Einaudi.


Sitografia


Braibanti, P. , Cascio, G. , Zorrilla Ruiz, C. (2020). Il quaderno degli appunti: un caffè con Paride Braibanti. Consultato in data 20 Giugno 2020 su https://uncaffeconigea.wixsite.com/website/post/il-quaderno-degli-appunti-un-caff%C3%A8-con-paride-braibanti

Perrelli, D. (2020). I Servizi Socio-Educativi. Gli antieroi dimenticati della crisi pandemica. Consultato in data 20 Giugno 2020 su https://uncaffeconigea.wixsite.com/website/post/i-servizi-socio-educativi-gli-antieroi-dimenticati-della-crisi-pandemica


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